LETTERA ENCICLICA
INIQUIS AFFLICTISQUE
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO XI
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI,
PRIMATI, ARCIVESCOVI, VESCOVI
E AGLI ALTRI ORDINARI LOCALI
CHE HANNO PACE E COMUNIONE
CON LA SEDE APOSTOLICA,
INIQUIS AFFLICTISQUE
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO XI
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI,
PRIMATI, ARCIVESCOVI, VESCOVI
E AGLI ALTRI ORDINARI LOCALI
CHE HANNO PACE E COMUNIONE
CON LA SEDE APOSTOLICA,
CONTRO LE PERSECUZIONI
AI DANNI DELLA CHIESA IN MESSICO
Venerabili Fratelli, salute e
Apostolica Benedizione.
Nel dicembre dell’anno scorso,
parlando in Concistoro al Sacro Collegio dei Cardinali, notammo che ormai non
si può sperare o attendere alcun sollievo alla tristezza delle ingiuste
condizioni fatte alla religione cattolica nel Messico se non « dall’efficacia
di qualche aiuto di Dio misericordioso », e voi non tardaste ad assecondare
il Nostro pensiero e i Nostri desideri, più volte manifestati, spronando con
ogni premura i fedeli affidati alle vostre cure pastorali a muovere con fervide
preghiere il divino Fondatore della Chiesa perché ponesse rimedio a così grande
acerbità di mali. A tanta acerbità di mali, diciamo, mentre contro i Nostri
carissimi figli Messicani, altri figli, disertati dalla milizia di Cristo e
ostili al Padre comune, mossero per l’addietro e muovono tuttora una spietata
persecuzione. Che se nei primi secoli della Chiesa e in altri tempi successivi
si trattarono i cristiani in modo più atroce, non accadde forse mai e in nessun
luogo che, conculcando e violando i diritti di Dio e della Chiesa, un ristretto
numero di uomini, senz’alcun riguardo alle glorie avite, senza sentimento di pietà
verso i propri concittadini, soffocasse in ogni modo la libertà della
maggioranza con arti così meditate, aggiungendovi una parvenza di legislazione
per mascherare l’arbitrio. Non vogliamo dunque che a voi e a tutti i fedeli
manchi una solenne testimonianza della Nostra gratitudine per le suppliche
private e per le pubbliche funzioni indette a tale scopo. Ma tali preghiere,
come vantaggiosamente si sono cominciate a praticare, così importa moltissimo
che non solo non vengano meno, ma si continuino con fervore anche più intenso.
Infatti, se non è davvero in potere degli uomini regolare le vicende degli
eventi e dei tempi e volgerle a vantaggio della civile società, cambiando la
mente e il cuore umano, ciò è però in potere di Dio, il quale solo può assegnare
un termine sicuro a simili persecuzioni. Né vi sembri, Venerabili Fratelli, di
avere indetto invano tali preghiere, vedendo che il Governo messicano, per il
suo odio implacabile contro la religione, ha continuato ad applicare con
durezza e violenza anche maggiore gli iniqui suoi editti, perché in realtà il
clero e la moltitudine di quei fedeli, sorretti da più abbondante effusione di
grazia divina nella paziente loro resistenza, hanno dato tale esemplare
spettacolo da meritarsi a buon diritto che Noi, con un solenne documento della
Nostra autorità apostolica, lo rileviamo al cospetto di tutto il mondo
cattolico. Nel mese scorso, in occasione della beatificazione dei molti Martiri
della rivoluzione francese, il Nostro pensiero volava spontaneamente ai cattolici
messicani, che, come quelli, si mantengono fermi nel proposito di resistere
pazientemente all’arbitrio e alla prepotenza altrui, pur di non separarsi
dall’unità della Chiesa e dall’Ubbidienza alla Sede Apostolica. Oh, veramente
illustre gloria della divina Sposa di Cristo, che sempre nel corso dei secoli
poté contare su una prole nobile e generosa, pronta per la santa libertà della
fede alla lotta, ai patimenti, alla morte!
Non occorre, Venerabili Fratelli,
rifarci molto addietro nel narrare le dolorose calamità della Chiesa messicana.
Basti ricordare che le frequenti rivoluzioni di questi ultimi tempi sboccarono
per lo più in tumulti e persecuzioni contro la religione, come nel 1914 e nel
1915, quando uomini, che parvero risentire ancora dell’antica barbarie,
inferocirono contro il clero secolare e regolare, contro le sacre vergini e
contro i luoghi e gli oggetti destinati al culto in modo tanto spietato, da non
risparmiare alcuna violenza. Ma, trattandosi di fatti notori, contro i quali
pubblicamente alzammo la Nostra protesta e di cui la stampa giornaliera parlò
diffusamente, non è qui il caso di dilungarci nel deplorare che in questi
ultimi anni, senza riguardo a ragioni di giustizia, di lealtà, di umanità, dei
Delegati Apostolici inviati nel Messico, uno fu cacciato dal territorio, ad un
altro fu interdetto il ritorno nello Stato, dal quale era uscito per breve
tempo per motivi di salute, un terzo fu non meno ostilmente trattato e
costretto a ritirarsi. Tal modo di procedere, senza dire che nessuno come
quegli illustri personaggi, sarebbe riuscito più adatto quale negoziatore e
mediatore di pace, non è chi non vegga quanto disonorevole ciò sia riuscito
alla loro dignità arcivescovile e al loro onorifico ufficio, e specialmente
alla Nostra autorità da essi rappresentata.
Sono fatti questi dolorosi e
gravi; ma gli arbitrii che siamo per esporre, Venerabili Fratelli, sono oltre
ogni dire contrari ai diritti della Chiesa e assai più dannosi ai cattolici di
quella nazione.
Esaminiamo anzitutto la legge sancita
nel 1917, che va sotto il nome di Costituzione Politica degli Stati Uniti
del Messico. Per quanto si attiene al nostro argomento, proclamata la
separazione dello Stato dalla Chiesa, a questa, come a persona spogliata di
ogni onore civile, non è più riconosciuto alcun diritto nel presente e viene
interdetto acquistarne in avvenire; ai magistrati civili si dà facoltà di
inframmettersi nel culto e nella disciplina esterna della Chiesa. I sacerdoti
sono pareggiati ai professionisti e lavoratori, ma con questa differenza, che
non solo essi debbono essere Messicani di nascita e non eccedere il numero
stabilito dai legislatori dei singoli Stati, ma restano privi dei diritti
politici e civili, uguagliati in ciò ai malfattori e ai delinquenti. Si
prescrive inoltre che, unitamente a una Commissione di dieci cittadini, i
sacerdoti debbano informare il magistrato della loro entrata in possesso di un
tempio o del loro trasferimento altrove. Voti religiosi, Ordini e Congregazioni
religiose nel Messico non sono più permessi. Proibito il culto pubblico,
eccetto che nell’interno della Chiesa e sotto la vigilanza del Governo; le
stesse Chiese decretate proprietà dello Stato; Episcopii, Canoniche, Seminari,
Case religiose, Ospedali e tutti gli Istituti di beneficenza, sottratti
anch’essi alla Chiesa. Questa non ha più la proprietà di nulla; quanto
possedeva, al tempo dell’approvazione della legge, è stato devoluto alla
Nazione con facoltà a tutti di azione per la denunzia dei beni che sembrassero
dalla Chiesa posseduti per interposta persona, e basta, per legge, a dar
fondamento all’azione la semplice presunzione. I sacerdoti sono incapaci di
eredità testamentaria, eccetto nei casi di stretta parentela. Nessun potere è
riconosciuto alla Chiesa rispetto al matrimonio dei fedeli, e questo viene
giudicato valido soltanto se contratto validamente secondo il diritto civile.
L’insegnamento è sì proclamato libero, ma con queste restrizioni: divieto ai
sacerdoti e ai religiosi di aprire o dirigere scuole elementari; bando assoluto
della religione nell’insegnamento, anche privato, che si dà ai fanciulli.
Parimenti nessun effetto legale viene riconosciuto ai diplomi degli studi
compiuti in Istituti diretti dalla Chiesa. Certamente, Venerabili Fratelli,
coloro che idearono, approvarono e sanzionarono una legge siffatta, o
ignoravano che compete per diritto divino alla Chiesa, come a società perfetta,
fondata per la comune salvezza degli uomini da Cristo, Redentore e Re, la piena
libertà di compiere la sua missione — benché appaia incredibile tale ignoranza,
dopo venti secoli di cristianesimo, in una Nazione cattolica e in uomini
battezzati — oppure nella loro superbia e demenza credettero di potere scalzare
e sgretolare la « casa del Signore, solidamente costruita e fortemente
poggiata sulla viva pietra », o erano invasi dall’acre furore di nuocere
con ogni mezzo alla Chiesa. Orbene, dopo la promulgazione di legge tanto
odiosa, come avrebbero potuto tacere gli Arcivescovi e i Vescovi del Messico?
Quindi, è che subito protestarono con lettere serene ma forti: proteste
ratificate poi dall’immediato Nostro Predecessore, approvate collettivamente
dall’Episcopato di alcune nazioni, individualmente dal maggior numero dei
Vescovi di altre parti, e Noi stessi tali proteste confermammo il 2 febbraio di
questo anno, in una lettera di conforto indirizzata ai Vescovi Messicani.
Questi speravano che gli uomini del governo, dismessi i primi bollori,
avrebbero compreso il non lieve danno e pericolo che sovrastava alla quasi
totalità del popolo per quegli articoli della legge restrittivi della libertà
religiosa, e che perciò per amore di concordia, non applicando, o quasi, quegli
articoli, sarebbero venuti intanto a un modus vivendi più sopportabile. Ma
nonostante l’estrema pazienza dimostrata dal clero e dal popolo, e ciò in
ossequio ai Vescovi che li esortavano ala moderazione, ogni speranza di ritorno
alla calma e alla pace venne a cadere. Infatti, in forza della legge promulgata
dal presidente della repubblica il 2 luglio di quest’anno, quasi più nessuna libertà
è rimasta o si permette alla Chiesa in quelle regioni; l’esercizio del sacro
ministero è così inceppato, da venir punito, come se fosse un delitto capitale,
con pene severissime. E questo così grande pervertimento nell’esercizio della
pubblica autorità, Venerabili Fratelli, è incredibile quanto Ci addolora.
Chiunque veneri, come ne ha obbligo, Iddio, Creatore e Redentore nostro
amatissimo; chiunque voglia ubbidire ai precetti di Santa Madre Chiesa, costui,
costui diciamo, sarà reputato colpevole e malfattore, costui meriterà di esser
privato dei diritti civili, costui dovrà essere cacciato in prigione insieme
con gli scellerati? Come giustamente si applicano agli autorı di tali enormità
le parole dette dal Signor Nostro Gesù Cristo ai prìncipi dei giudei: «Questa
è l’ora vostra e l’impero delle tenebre! » [1].
Fra tali leggi, quella più recente, più che interpretare, come pretendono,
rende peggiore e assai più intollerabile l’altra più antica; e il Presidente
della repubblica e i suoi ministri dell’una e dell’altra caldeggiano
l’applicazione con tale accanimento, da non tollerare che qualche governatore
degli Stati federati o magistrato o comandante militare rallenti la
persecuzione contro i cattolici. E alla persecuzione si è aggiunto l’insulto;
si suole metter la Chiesa in cattiva luce presso il popolo: dagli uni nei pubblici
comizi con menzogne impudenti, mentre s’impedisce ai nostri coi fischi e con le
ingiurie di parlare in contraddittorio; dagli altri per mezzo di giornali,
nemici dichiarati della verità e dell’azione cattolica. Che se da principio i
cattolici poterono tentare sui giornali qualche difesa della Chiesa, esponendo
la verità e confutando gli errori, ormai a questi cittadini, pur così
sinceramente amanti della patria, non si permette più di alzare la voce, sia
pure con sterile lamento, in favore della libertà della fede avita e del culto
divino. Ma, mossi dalla consapevolezza del Nostro dovere apostolico, saremo Noi
a gridare, Venerabili Fratelli, perché dal Padre comune tutto il mondo
cattolico ascolti quale sia stata da una parte la sfrenata tirannide degli avversari,
e quale d’altra parte l’eroica virtù e costanza dei Vescovi, dei sacerdoti,
delle famiglie religiose e dei laici.
I sacerdoti e i religiosi
stranieri sono cacciati; i collegi per l’istruzione cristiana dei fanciulli e
delle fanciulle sono chiusi, o perché insigniti di qualche nome religioso, o
perché in possesso di qualche statua od altra immagine sacra; parimenti chiusi
moltissimi seminari, scuole, conventi e case annesse alle chiese. In quasi
tutti gli Stati fu ristretto e fissato al minimo il numero dei sacerdoti
destinati ad esercitare il sacro ministero, e questi neppure lo possono
esercitare se non sono iscritti presso il magistrato, oppure da lui non ne
hanno ottenuto il permesso. In alcune zone sono state poste condizioni tali
all’esercizio del ministero, che, se non si trattasse di cosa tanto
lagrimevole, moverebbero alle risa: come per esempio, che i sacerdoti debbono
avere un’età fissa, essere uniti nel cosiddetto matrimonio civile e non
battezzare se non con l’acqua corrente. In uno degli Stati della Federazione fu
decretato che vi fosse un Vescovo solo dentro i confini dello stesso Stato, per
cui sappiamo che due Vescovi dovettero andarsene in esilio dalle loro Diocesi.
Costretti poi dalla situazione creatasi, altri Vescovi dovettero allontanarsi
dalla loro propria sede; altri furono deferiti ai tribunali; parecchi furono
arrestati ed altri sono sul punto di esserlo.
Inoltre, a tutti i Messicani
impegnati nell’educazione dell’infanzia o della giovinezza, o in altri pubblici
uffici, fu chiesto di rispondere se stessero col Presidente della Repubblica e
se approvassero la guerra fatta alla Religione cattolica; gli stessi furono per
di più costretti, per non essere rimossi dall’ufficio, a prendere parte,
insieme con i soldati e gli operai, ad un corteo indetto da quella Lega
Socialista che chiamano Lega Regionale Operaia del Messico; tale corteo,
sfilato per la città del Messico e per altre città in uno stesso giorno, e
tenutosi fra empie concioni al popolo, mirava appunto a fare approvare con le
grida e col plauso degli intervenuti, caricando di contumelie la Chiesa,
l’azione dello stesso Presidente.
Né qui si arrestò l’arbitrio
crudele dei nemici. Uomini e donne che difendevano la causa della Religione e
della Chiesa a viva voce e distribuendo fogli e giornali, furono trascinati in
giudizio e posti in prigione. Così pure furono cacciati in carcere interi
collegi di canonici, trasportandovi anche in lettiga i vecchi; sacerdoti e laici
per le vie e per le piazze, innanzi alle chiese, furono spietatamente uccisi.
Dio voglia che quanti hanno la responsabilità di tanti e così gravi delitti
rientrino in sé una buona volta e ricorrano col pentimento e col pianto alla
misericordia di Dio; siamo persuasi che questa è la vendetta nobilissima che i
figli nostri iniquamente trucidati domandano, dinanzi a Dio, dei loro uccisori.
Ora crediamo conveniente,
Venerabili Fratelli, esporre brevemente in qual modo i Vescovi, i sacerdoti e
fedeli del Messico siano insorti a resistere ed abbiano opposto una muraglia a
difesa della casa di Israele e siano rimasti fermi nella lotta [2].
Non vi poteva essere dubbio che i
Vescovi messicani non tentassero unanimemente tutti i mezzi che erano in loro
potere per difendere la libertà e la dignità della Chiesa. E anzitutto,
diramata una lettera collettiva al popolo, dopo avere dimostrato ad evidenza
che il clero si era sempre comportato con amore di pace, con prudenza e con
pazienza verso i governanti della Repubblica, tollerando anche con animo fin
troppo remissivo le leggi poco giuste, ammonirono i fedeli, spiegando la
dottrina della costituzione divina della Chiesa, che si doveva mantenere nella
religione cattolica, in modo « da ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini
» [3]
ogni volta che si imponessero leggi non meno contrarie allo stesso concetto e
nome di legge, che ripugnanti alla costituzione a alla vita medesima della
Chiesa. Promulgata poi dal Presidente della Repubblica la legge nefasta, con
altra lettera collettiva di protesta i Vescovi dichiararono che accettare una
legge siffatta era lo stesso che asservire la Chiesa e darla schiava ai
governanti dello Stato, i quali, del resto, era evidente che non avrebbero
desistito perciò dal loro intento. Essi volevano piuttosto astenersi dal
pubblico esercizio del sacro ministero; perciò il culto divino, che non si
poteva celebrare senza l’opera dei sacerdoti, dovesse del tutto sospendersi in
tutte le Chiese della loro Diocesi, cominciando dall’ultimo giorno di luglio,
nel qual giorno sarebbe entrata in vigore quella legge. Avendo poi i governanti
comandato che le chiese fossero affidate dappertutto in custodia a laici scelti
dal capo del municipio, e in nessun modo consegnate a coloro che fossero o
nominati o designati dai Vescovi o dai sacerdoti (trasferendosi così il
possesso delle chiese dalle autorità ecclesiastiche alle civili), i Vescovi,
quasi dappertutto, interdissero ai fedeli di accettare la elezione che di loro
avesse fatta l’autorità civile, e di entrare in quei templi che avessero
cessato di essere in mano della Chiesa. In qualche parte, secondo la varietà
dei luoghi e delle cose, fu provveduto diversamente.
Con tutto ciò, non crediate,
Venerabili Fratelli, che i Vescovi Messicani abbiano trascurato qualsiasi
opportunità e comodità che loro si desse, atta a quietare gli animi e a
ricondurli alla concordia, quantunque diffidassero, o anzi piuttosto
disperassero, di qualsiasi buon esito. Consta infatti che i Vescovi, che nella
città di Messico fungono in certo modo da procuratori dei loro colleghi,
scrissero una lettera molto cortese e rispettosa al Presidente della
Repubblica, in favore del Vescovo di Ueputla, il quale era stato trascinato in
modo indegno e con grande apparato di forza nella città chiamata Pachuca; ma
non è meno noto che il Presidente rispose loro in forma iraconda ed odiosa.
Essendosi poi alcune egregie persone, amanti della pace, interposte
spontaneamente perché il Presidente stesso volesse incontrare l’Arcivescovo di
Morelia e il Vescovo di Tabasco, da ambo le parti si discusse molto e a lungo,
ma senza frutto. Successivamente i Vescovi discussero se chiedere alla Camera
legislativa l’abrogazione di quelle leggi che si opponevano ai diritti della
Chiesa, ovvero continuare, come prima, la resistenza, così detta passiva; per
più ragioni, infatti, sembrava loro che a nulla avrebbe approdato il presentare
una istanza del genere. Presentarono tuttavia la petizione, redatta da
cattolici assai competenti nel diritto e da loro medesimi con ogni diligenza
ponderata; e a tale petizione, per cura dei soci della Federazione per la
difesa della libertà religiosa, di cui diremo più appresso, si aggiunsero
moltissime sottoscrizioni di cittadini d’ambo i sessi. Ma i Vescovi avevano
bene previsto quello che sarebbe successo, giacché il Congresso nazionale
rigettò, con suffragio di tutti, salvo uno, la petizione propostagli e ciò per
la ragione che i Vescovi erano privi di personalità giuridica, avevano fatto
ricorso al Sommo Pontefice, e non volevano riconoscere le leggi della Nazione.
Ora, che cosa restava da fare ai Vescovi se non decidere che niente si mutasse
nella condotta loro e in quella del popolo, se prima non fossero state abrogate
le leggi ingiuste? Così i governanti degli Stati federati, abusando del loro
potere e della mirabile pazienza del popolo potranno sì minacciare al clero ed
al popolo messicano anche peggiori cose; ma come superare e vincere uomini
disposti a sopportare qualsiasi sofferenza, purché non si concluda un accordo
che possa recare qualche danno alla causa della libertà cattolica?
La stupenda costanza dei Vescovi
fu imitata dai preti, che la ricopiarono meravigliosamente fra le incresciose
vicende del conflitto, sicché i loro esempi straordinari di virtù, che furono a
Noi di sommo conforto, Noi manifestiamo al cospetto di tutto il mondo cattolico
e li lodiamo perché « ne sono degni » [4].
E su questo punto, quando
ripensiamo che — sebbene nel Messico siano state adoperate tutte le arti, e gli
sforzi e le vessazioni usate dagli avversari mirassero soprattutto ad
allontanare clero e popolo dalla sacra gerarchia e dalla Sede Apostolica —
nondimeno fra tutti i sacerdoti, che ivi si contano a quattromila, solo uno o
due tradirono miseramente il loro dovere, Ci sembra che tutto possiamo sperare
dal Clero Messicano. Noi vediamo, infatti, questi sacerdoti stare fra loro
unitissimi e obbedire di cuore e con rispetto agli ordini dei loro Prelati,
quantunque ciò non vada per lo più senza loro grave danno; vivere del sacro
ministero, ed essendo essi poveri e non avendo di che sostentare la Chiesa,
sopportare la povertà e la miseria con energia; celebrare il santo sacrificio
in privato; provvedere con tutte le forze alle necessità spirituali dei fedeli
e alimentare ed eccitare in tutti attorno a sé la fiamma della pietà; inoltre
con l’esempio, coi consigli e con le esortazioni sollevare a più alto ideale le
menti dei loro concittadini e fortificarne le volontà a perseverare nella
resistenza passiva. Chi dunque si meraviglierà che l’ira e la rabbia degli
avversari principalmente e innanzitutto si sia rivolta contro i sacerdoti?
Questi, d’altra parte, non hanno esitato ad affrontare, quando necessario, il
carcere e la stessa morte con volto sereno e animo coraggioso. Quanto poi si è
saputo in questi ultimi giorni è cosa che oltrepassa le stesse inique leggi che
abbiamo ricordate, e tocca il colmo dell’empietà, giacché vengono assaliti
improvvisamente i sacerdoti quando celebrano, in casa propria o altrui; viene
turpemente oltraggiata la santissima Eucaristia e gli stessi sacri ministri
vengono condotti in prigione.
Né loderemo mai abbastanza i
coraggiosi fedeli del Messico, i quali hanno ben capito di quale importanza sia
per loro che quella cattolica Nazione in cose così gravi e così sante, come il
culto di Dio, la libertà della Chiesa e la cura della eterna salvezza delle
anime, non dipenda dall’arbitrio e dall’audacia di pochi, ma sia governata una
buona volta, e per benignità di Dio, con giuste leggi conformi al diritto
naturale e divino, e all’ecclesiastico.
Un encomio del tutto singolare
dobbiamo attribuire alle associazioni cattoliche, le quali, in questi
frangenti, stanno a fianco del clero come milizie di presidio. Infatti i membri
di esse, per quanto è da loro, non solo provvedono a sostentare e a soccorrere
i sacerdoti, ma anche vigilano sugli edifici sacri, insegnano la dottrina
cristiana ai fanciulli, e come sentinelle stanno di guardia, per avvertire i
sacerdoti, affinché nessuno resti privo della loro assistenza. E questo vale
per tutti; ma vogliamo dire qualcosa delle principali associazioni, perché
ciascuna sappia di essere sommamente approvata e lodata dal Vicario di Gesù
Cristo. In primo luogo la Società dei Cavalieri di Colombo, la quale, estendendosi
a tutta la Repubblica, si compone per buona sorte di uomini attivi ed operosi,
che per la pratica delle cose, per l’aperta professione della fede e per lo
zelo nell’aiutare la Chiesa, vanno grandemente segnalati; essa promuove
specialmente due opere, che per i tempi sono opportune quanto mai: intendiamo
il sodalizio nazionale dei padri di famiglia, il cui programma è educare
cattolicamente i propri figli, e rivendicare il diritto proprio dei genitori
cristiani di istruire liberamente la prole e, qualora essa frequenti le
pubbliche scuole, di darle una sana e piena istruzione religiosa; intendiamo la
Federazione per la libertà religiosa, finalmente istituita quando apparve più
chiaro del sole che un immenso cumulo di mali minacciava la vita cattolica. Poiché
tale Federazione si estese successivamente a tutta la Nazione, i soci si
adoperarono concordemente e assiduamente per ordinare ed istruire tutti i
cattolici e farne come un fronte unico gagliardissimo da opporre agli
avversari. Non diversamente dai Cavalieri di Colombo, furono e sono grandemente
benemeriti della Chiesa e della patria altre due associazioni, le quali,
secondo il proprio programma, hanno particolare cura della cosiddetta azione
cattolica sociale: vale a dire la Società cattolica della Gioventù Messicana, e
quella delle Dame Messicane. Entrambi i sodalizi, infatti, oltre quello che è
proprio di ciascuno, assecondano e fanno che siano da tutti assecondate in ogni
luogo le iniziative della citata Federazione per la libertà religiosa. E qui, senza
tener dietro ai singoli fatti, una cosa sola Ci piace, Venerabili Fratelli,
farvi conoscere, ed è che tutti i soci e le socie di questi sodalizi hanno così
poca paura che, lungi dal fuggire, cercano i pericoli, e godono anzi quando
loro tocchi di soffrire per colpa degli avversari. Oh, spettacolo bellissimo,
dato al mondo e agli angeli e agli uomini! oh, fatti degni di eterno encomio!
Giacché, come sopra accennammo, non sono pochi — o dei Cavalieri di Colombo, o
dei capi della Federazione e delle Signore o dei Giovani —, che vengono
ammanettati, condotti per le vie in mezzo a squadre di soldati, chiusi in
immonde prigioni, trattati aspramente e puniti con pene e multe. Anzi,
Venerabili Fratelli, alcuni di quegli adolescenti e di quei giovani, e nel dirlo
appena possiamo trattenere le lagrime, con in mano la corona e sul labbro le
invocazioni a Cristo Re hanno incontrato volentieri la morte; alle nostre
vergini, chiuse in carcere, sono stati recati i più indegni oltraggi, e ciò di
proposito si è divulgato per intimidire le altre e farle venir meno al proprio
dovere.
Quando il benignissimo Iddio,
Venerabili Fratelli, sia per imporre modo e termine a siffatte calamità,
nessuno può congetturare e anche solo col pensiero prevedere; questo soltanto
sappiamo: che verrà finalmente un giorno in cui la Chiesa Messicana riposerà da
questa procella di odii, perché, giusta i divini oracoli, « non c’è
sapienza, non c’è prudenza, non c’è consiglio contro il Signore » [5],
e « le porte del’inferno non prevarranno » [6]
contro la immacolata Sposa di Cristo.
In verità la Chiesa, destinata all’immortalità,
dal dì della Pentecoste, nel quale uscì, ricca dei doni e dei lumi dello
Spirito Santo, dal chiuso recinto del Cenacolo all’aperto dell’umanità, che
altro ha fatto per i venti secoli passati e fra le genti tutte, se non « spargere
il bene dappertutto » [7]
sull’esempio del suo Fondatore? Questi benefìci avrebbero dovuto conciliare
alla Chiesa l’amore di tutti; ma le toccò il contrario, come del resto lo
stesso Divino Maestro aveva preannunziato [8].
Perciò la navicella di Pietro ora navigò felicemente, col favore dei venti, ora
apparve soverchiata dai flutti e quasi sommersa: ma non ha sempre con sé il
divino nocchiero, che può placare a tempo opportuno le ire del mare e dei
venti? Se non che Cristo, che è il solo onnipotente, fa servire a bene della
Chiesa tutte le persecuzioni con cui vengono bersagliati i cattolici; giacché
come attesta Sant’Ilario « è proprio della Chiesa vincere quando è
perseguitata, rifulgere alle intelligenze quando viene contestata, fare delle
conquiste quando è abbandonata » [9].
Se tutti coloro che nella
Repubblica Messicana infieriscono contro i loro stessi fratelli e concittadini,
rei soltanto d’osservare la legge di Dio, richiamassero alla memoria e ben
considerassero spassionatamente le vicende storiche della loro patria, non
potrebbero non riconoscere e confessare che tutto quanto esiste tra loro di
progresso e di civiltà, di buono e di bello, ha origine indubbiamente dalla
Chiesa. Nessuno, infatti, ignora che, fondata ivi la cristianità, i sacerdoti e
i religiosi segnatamente, che ora vengono con tanta ingratitudine e crudeltà
perseguitati, si adoperarono, con immense fatiche e nonostante le gravi
difficoltà opposte dai coloni divorati dalla febbre dell’oro da una parte, e dall’altra
dagli indigeni ancora barbari, a promuovere in gran copia per quelle vaste
regioni lo splendore del culto divino, i benefìci della fede cattolica; le
opere e le istituzioni di carità, le scuole e i collegi per l’istruzione e
l’educazione del popolo nelle lettere, nelle scienze sacre e profane, nelle
arti e nelle industrie.
Non ci resta, Venerabili
Fratelli, che supplicare e implorare la Beatissima Nostra Signora di Guadalupe,
celeste Patrona della Nazione Messicana, che voglia perdonare le ingiurie anche
contro di Lei commesse, e impetrare per il suo popolo il ritorno della pace e
della concordia; se poi, per arcano consiglio di Dio, dovrà essere ancora
lontano questo desideratissimo giorno, voglia Ella consolare gli animi dei
fedeli messicani e confortarli a sostenere la loro libertà nel professare la
fede.
Intanto, come auspicio delle
grazie divine e attestazione della Nostra benevolenza paterna, a Voi,
Venerabili Fratelli, a quelli specialmente che governano le Diocesi messicane,
a tutto il clero e al vostro popolo, impartiamo di cuore l’Apostolica
Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro,
il 18 novembre 1926, anno quinto del Nostro Pontificato.
PIUS PP.
XI
[4]
Apoc., III, 4.
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